giovedì 30 novembre 2006

Principio di induzione

Che valore ha il principio di induzione? In che senso si può affermare che la scienza spieghi i fenomeni naturali?

Il procedimento dell'induzione consiste nell'assumere la legge più semplice che possa essere accordata con le nostre esperienze.

Questo procedimento tuttavia ha una fondazione non logica, ma solo psicologica.
E' chiaro che non esiste ragione di credere che davvero avverrà il caso più semplice.
Che il sole domani sorgerà è solo un'ipotesi; e ciò vuol dire: noi non sappiamo se esso sorgerà.

Una costrizione, secondo la quale una cosa debba avvenire poiché ne è avvenuta un'altra, non v'è. V'è solo una necessità logica.

Tutta la moderna concezione del mondo si fonda sull'illusione che le cosiddette leggi naturali siano le spiegazioni dei fenomeni naturali (1).
(1) L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, 6.363 - 6.371, Einaudi 1990 (1961), p. 78.

mercoledì 29 novembre 2006

Materia

Le scienze fisiche sono spesso chiamate "scienze della materia". A fondamento di tutto vi sarebbe dunque il concetto di materia; almeno questo è quanto cercano di dimostrare non pochi scienziati, che vedono in essa l'unico, vero "esistente" dalle innumerevoli proprietà.

Il meno che si possa esigere da materialisti così convinti è che ci dicano chiaramente quale significato preciso attribuiscono a tale nozione. Questa domanda, appunto, fu rivolta da un mio amico ad alcuni eminenti professori universitari. Il primo interpellato, un chimico di età avanzata, disse: "Giovanotto, la cosa è semplice, la materia rimane e la forma si perde. Veda perciò Lavoisier per ogni dettaglio complementare". In quel mentre un fisico delle particelle elementari accennò al difetto di massa e alla scoperta delle antiparticelle. Per salvare l'idea di conservazione propose di chiamare materia il numero dei barioni meno quello degli antibarioni (o un terzo del numero dei quark diminuito di quello degli antiquark). Uno dei suoi colleghi interloquì, chiedendo che a quel numero si aggiungesse il numero dei leptoni meno quello degli antileptoni.

I due concordarono sulla totale arbitrarietà di una scelta tra quelle formule (e tra altre simili); dopodiché, avendo nel frattempo qualcuno osservato che il numero è "l'idea delle cose", si eclissarono con discrezione, certo temendo di passare per platonici!

B. D'Espagnat, Alla ricerca del reale, Boringhieri 1983 (1981), pp. 68-69.

martedì 28 novembre 2006

Definizione

Probabilmente la migliore definizione di mistico:

Non come il mondo è, è il mistico, ma che esso è (1).
(1) L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, 6.44, Einaudi 1990 (1961), p. 81.

lunedì 27 novembre 2006

Oltre la rappresentazione

Secondo il realismo cognitivo, il mondo può essere descritto tramite elementi discreti e ben definiti. Tuttavia i tentativi di far funzionere un risolutore di problemi di portata generale (General Problem Solver) hanno mostrato la difficoltà dell'impresa: un'azione cognitiva che possa realizzarsi nel mondo reale sembra richiedere una quantità di informazione infinita, che fa parte del senso comune, ma che è concretamente impossibile inserire in un computer.

Ciò significa che bisogna superare l'idea che la realtà possa essere ridotta ad una rappresentazione.

Scrive Francisco Varela:

In realtà, se si desidera recuperare il senso comune, allora si deve invertire l'atteggiamento rappresentazionista e trattare il know-how contesto-dipendente non come un artefatto residuo che possa essere gradualemente eliminato con la scoperta di regole più sofisticate, ma, in realtà, come l'essenza stessa della cognizione creativa.
E ancora:
L'intuizione centrale di quest'orientamento non oggettivista è la concezione secondo la quale la conoscenza sarebbe il risultato di un'incessante interpretazione che emerge dalle nostre capacità di comprensione. Queste capacità sono radicate nelle strutture della nostra corporeità biologica, ma sono vissute e sperimentate in un ambito di azione consensuale e di storia culturale (1).
(1) F.J. Varela, E. Thompson e E. Rosch, La via di mezzo della conoscenza, Feltrinelli 1992 (1991), pp. 179-180.

domenica 26 novembre 2006

Nulla

A Rabbi Aronne fu chiesto che cosa avesse imparato presso il suo maestro, il Grande Magghid. "Nulla", rispose. E quando fu sollecitato a spiegarsi, aggiunse: "Ho imparato il 'nulla'. Ho imparato il senso del nulla. Ho imparato che io non sono nulla e che pure sono".

M. Buber, I racconti dei Chassidim, Garzanti 1979 (1973), p. 244.