martedì 20 marzo 2007

Scienze cognitive / 2

Nel periodo in cui hanno avuto origine le scienze cognitive (e contemporaneamente anche la cibernetica), si possono identificare due differenti prospettive teoriche.
La prima era rappresentata da Von Neumann, e concentrava il proprio interesse sui sistemi cosiddetti eteronimi, cioè determinati dall'esterno; la loro caratterizzazione si ottiene attraverso relazioni di input e output, ed essi tendono a creare una rappresentazione dell'ambiente.
La seconda è rappresentata da Wiener, e il suo interesse è rivolto ai sistemi autonomi, cioè determinati dall'interno; questi sono caratterizzati da una chiusura organizzazionale e dagli autocomportamenti, inoltre essi non rappresentano qualcosa già esistente di per sé, ma costruiscono, producono un mondo tramite una correlazione con l'ambiente.
Ciò che Varela sottolinea, è che questi due punti di vista non si trovano in una opposizione logica fra di loro, ma sono piuttosto correlati secondo una relazione di complementarità: c'è bisogno di tutti e due i punti di vista per una conoscenza completa del sistema unitario.

Su questa base Francisco Varela ha cercato di costruire una scienza cognitiva pluralista, capace di articolare vicendevolmente le diverse prospettive disponibili sull'oggetto che indaga, anche e primariamente quando queste si rifanno a strutture teoriche irriducibilmente diverse tra loro. [...]
E' questo uno dei messaggi più profondi che Francisco Varela ha lasciato in eredità agli specialisti delle scienze cognitive: mantenere e articolare una pluralità diversificata di punti di vista teorici, perché ognuno di essi, pur producendo zone d'ombra, può illuminare le zone d'ombra generate dagli altri (1).
(1) M. Ceruti e L. Damiano, in M. Cappuccio (a cura di), Neurofenomenologia, Bruno Mondadori 2006, pp. 12-13.

domenica 18 marzo 2007

Scienze cognitive / 1

Negli ultimi decenni del '900 lo studio scientifico dei processi tramite cui avviene la conoscenza si è notevolmente sviluppato, dando vita alle cosiddette scienze cognitive.
Negli anni cinquanta il modello teorico prevalente era quello che si può definire computazionalista, che si basa sull'identificazione dell'apparato cognitivo umano con un calcolatore digitale.
Oggi questa prospettiva non ha soddisfatto le grandi aspettative che si erano create attorno ad essa, e l'idea di una computazione centralizzata e basata su operazioni sequenziali, è considerata superata.

L'orientamento emergente delle scienze cognitive non si limita a riconoscere il carattere altamente connettivo e distribuito di tutti i processi neurali, ma arriva a rifiutare esplicitamente l'idea di un apparato cognitivo che funziona secondo uno schema input-output, stimolo-risposta. Rifiuta l'idea d'informazioni preesistenti, predefinite e preselezionate rispetto alla loro elaborazione, nonché l'idea di una conoscenza che, procedendo per calcoli simbolici, confeziona copie del mondo esterno. Soprattutto, rifiuta l'immagine di un conoscere astratto, privo di coloriture emozionali, sostanzialmente indipendente dall'intenzionalità e dall'azione (1).
(1) M. Ceruti e L. Damiano, in M. Cappuccio (a cura di), Neurofenomenologia, Bruno Mondadori 2006, p. 10.

giovedì 15 marzo 2007

Essere e pensiero / 3

Pensiamo, e nel pensiero ci chiediamo da dove ha origine il pensiero stesso.

Attivazione di neuroni, emergenza dalla complessità della struttura cerebrale, materia che si esprime nell'essere coscienti: qui si nasconde la risposta.

Ma cos'è materia? Anch'essa ci appare in un pensiero; il cerchio si chiude.
E insistente si ripropone la domanda: da dove ha origine il pensare?

Fra gli alti abeti...

[...]

Ciò che è più antico fra ciò che è antico giunge nel nostro pensare
da dietro di noi, e tuttavia ci attende.

Per questo il pensare si rivolge all'avvento di
ciò che è passato, ed è pensiero rammemorante.

Essere antico significa: al momento opportuno arrestarsi, là dove il
solo pensiero di una via di pensiero nella sua complessione
sia lanciato.

Il passo indietro dalla filosofia nel
pensiero dell'essere possiamo osare, appena
dell'origine del pensare intimi si sia
diventati.
M. Heidegger, Fra gli alti abeti... , in F. Cassinari, Martin Heidegger - Il pensiero poetante, Mimesis 2000, p. 157.

martedì 13 marzo 2007

Essere e pensiero / 2

Pensare il pensare.
Pensare l'essere del pensare.
Pensare che c'è pensiero.
Pensare che c'è questo pensiero.

Proprio quando il pensiero si chiude su se stesso e i contorni del mondo iniziano a sfumare, allora emerge un accorgersi differente, poiché non coglie la qualità degli oggetti, ma il fatto che esistono. E questa consapevolezza non lascia indifferenti.

Fra gli alti abeti...

[...]

L'ottenebramento del mondo
non eguaglia mai
la luce dell'essere.

Veniamo troppo tardi per gli dei e
troppo presto per l'essere. Del quale poesia iniziata
è l'uomo.

Accostarsi a una stella...

Pensare è la limitazione a un solo
pensiero, che una volta per sempre come una stella
nel cielo
del mondo resta fisso.
M. Heidegger, Fra gli alti abeti... , in F. Cassinari, Martin Heidegger - Il pensiero poetante, Mimesis 2000, p. 149.

sabato 10 marzo 2007

Essere e pensiero / 1

Essere è un concetto, un'idea che si esprime nel pensiero? Per Heidegger vale piuttosto il contrario: in qualche modo l'essere precede il pensiero. L'essere non può essere ridotto, ricondotto completamente al pensiero. Se non altro perché anche il pensiero è.

Quando osserviamo un libro su un tavolo e pensiamo che c'è un libro sul tavolo, in genere intendiamo dire che il libro è collocato sul tavolo; ed usiamo essere nel senso di essere collocato in un luogo determinato: il libro è sul tavolo, ad esempio, e non è sullo scaffale.
Tuttavia il significato di essere non si esaurisce nel trovarsi in un certo punto dello spazio o nelle relazioni fra un oggetto e gli altri oggetti; infatti anche le relazioni sono.

Essere, dunque, precede il pensiero, e precede anche le relazioni fra le cose. Per questo, quando si coglie essere nel senso più originario, si coglie che qualcosa è indipendentemente dalle relazioni che essa ha con gli altri oggetti. Il singolo oggetto perde, allora, i contorni grazie ai quali lo pensiamo come separato dagli altri oggetti, perde la sua identità specifica, e viene colto come un tutto unico, non più distinto dal resto del mondo.

Essere e pensiero

Essere - un parto del pensiero?

Pensare è sempre evento dell'essere

Imparate anzitutto a rendere grazie
e potrete pensare

Niente è per nulla
tutto è unico.
M. Heidegger, Essere e pensiero, in F. Cassinari, Martin Heidegger - Il pensiero poetante, Mimesis 2000, p. 71.

mercoledì 7 marzo 2007

Riduzionismo / 4

Per mettere in evidenza come il riduzionismo non è adeguato per studiare determinati fenomeni, consideriamo l'esempio di un martello: si potrebbe analizzare a livello molecolare il materiale di cui è composto il manico o la testa del martello, ma non aggiungeremmo nulla rispetto alle proprietà del martello in quanto tale. Anzi, queste proprietà sono in qualche modo indipendenti dal fatto che il manico sia di legno o di plastica.
Quando, ad un livello superiore, si trovano delle proprietà che non sono spiegabili tramite un'analisi riduzionista, allora si dice che queste proprietà emergono dai livelli inferiori, o meglio: esse emergono dall'organizzazione che si crea fra le componenti più elementari del sistema.

Una delle tipiche obiezioni dei riduzionisti nei confronti dell'emergentismo è che, quando compare un evento emergente, non si produce nulla di nuovo. Tale pretesa, però, è vera solo a metà. A ben vedere, è vero che non viene prodotto alcun elemento nuovo: un martello è costituito dagli stessi elementi di cui sono fatte le sue componenti isolate, manico e testa. Eppure qualcosa di nuovo, in realtà si è prodotto: l'interazione fra manico e testa. Né l'impugnatura di legno da sola, né la testa del martello possono compiere (in modo efficace) le funzioni tipiche del martello. Quando però li uniamo assieme. "emergono" le proprietà dell'utensile. Ed è proprio questa interazione generata ex novo la proprietà essenziale di ogni sistema "emerso", a partire dal livello molecolare fino ai livelli superiori. L'emergenza si produce grazie ai nuovi rapporti (interazioni) stabiliti fra componenti in precedenza non collegate tra loro. Anzi, una delle ragioni fondamentali cui si deve l'insuccesso del riduzionismo è proprio il fatto di non aver considerato l'importanza di tali connessioni (1).
(1) E. Mayr, L'unicità della biologia, Raffaello Cortina Editore 2005 (2004), p. 79.

domenica 4 marzo 2007

Riduzionismo / 3

La posizione estrema di chi vorrebbe ridurre lo studio della biologia alla chimica e quest'ultima alla fisica, non sembra sostenibile; questa posizione è testimoniata anche da un fisico come Murray Gell-Mann:

Le forme di vita terrestri sarebbero il risultato di un gran numero di eventi aleatori, ognuno dei quali avrebbe contribuito alle notevoli regolarità della biochimica terrestre, facendole acquisire, in tal modo, una elevata complessità effettiva. [...]
Le leggi della biologia dipendono dalle leggi della fisica e della chimica, ma anche da una grande quantità di informazione addizionale su come si sono determinati quegli eventi accidentali. Qui, ben più che nella fisica nucleare, nella fisica della materia condensata o nella chimica, si constata che vi è un'enorme differenza tra il tipo di riduzione alle leggi fisiche fondamentali che è possibile in linea di principio e il tipo banale che la parola "riduzione" potrebbe evocare nella mente del lettore ingenuo. Lo studio del vivente è ben più complesso della fisica fondamentale: infatti un numero grandissimo delle regolarità degli organismi terrestri risultano da eventi accidentali, oltre che dalle leggi fondamentali (1).
In altri termini non si può ricondurre lo studio della biologia, e in particolare della biologia del vivente, solamente ad una serie di leggi; infatti c'è un elemento che contribuisce in modo fondamentale allo sviluppo degli organismi biologici: il caso. Grazie alla casualità si crea la storia, intesa come serie di eventi possibili e non totalmente riconducibili ad una necessità, la quale diventa, in questo ambito, un imprescindibile strumento di analisi scientifica. Si pensi, come esempio di avvenimento accidentale, alla scomparsa dei dinosauri e alle conseguenze, nell'ambito dell'evoluzione, che ad essa sono seguite.
La presenza del caso nello sviluppo biologico implica che alcune informazioni devono essere introdotte allo stesso livello che si sta analizzando, proprio perché, per definizione, il caso è irriducibile a spiegazioni causali.

(1) M. Gell-Mann, Il quark e il giaguaro, Bollati Boringhieri 1996 (1994), pp. 140-141.