domenica 18 marzo 2007

Scienze cognitive / 1

Negli ultimi decenni del '900 lo studio scientifico dei processi tramite cui avviene la conoscenza si è notevolmente sviluppato, dando vita alle cosiddette scienze cognitive.
Negli anni cinquanta il modello teorico prevalente era quello che si può definire computazionalista, che si basa sull'identificazione dell'apparato cognitivo umano con un calcolatore digitale.
Oggi questa prospettiva non ha soddisfatto le grandi aspettative che si erano create attorno ad essa, e l'idea di una computazione centralizzata e basata su operazioni sequenziali, è considerata superata.

L'orientamento emergente delle scienze cognitive non si limita a riconoscere il carattere altamente connettivo e distribuito di tutti i processi neurali, ma arriva a rifiutare esplicitamente l'idea di un apparato cognitivo che funziona secondo uno schema input-output, stimolo-risposta. Rifiuta l'idea d'informazioni preesistenti, predefinite e preselezionate rispetto alla loro elaborazione, nonché l'idea di una conoscenza che, procedendo per calcoli simbolici, confeziona copie del mondo esterno. Soprattutto, rifiuta l'immagine di un conoscere astratto, privo di coloriture emozionali, sostanzialmente indipendente dall'intenzionalità e dall'azione (1).
(1) M. Ceruti e L. Damiano, in M. Cappuccio (a cura di), Neurofenomenologia, Bruno Mondadori 2006, p. 10.

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