martedì 16 gennaio 2007

Conoscenza del mondo / 6

L'approccio enattivo, dunque, non presuppone un mondo preesistente all'osservatore; il mondo nasce da una coimplicazione fra osservatore ed ambiente.
Ciò che conta nell'osservatore è la sua struttura sensomotoria, tramite la quale egli interagisce con l'ambiente e ne seleziona le informazioni, che permettono di creare una descrizione del mondo.
Neanche la struttura sensomotoria dell'osservatore, d'altra parte, deve essere considerata a priori, poiché essa si sviluppa e si seleziona tramite la sua interazione con l'ambiente.

L'idea di conoscenza che emerge dall'approccio enattivo è molto diversa dall'idea razionalista secondo la quale conoscere significa essere in grado di rappresentare, di descrivere tramite concetti astratti, di inserire in una teoria.
L'enazione, invece, scopre il ruolo cognitivo del corpo e dell'azione. La conoscenza diventa un processo non più riducibile a solo pensiero, e che probabilmente può essere meglio descritto come esperienza.

E tramite l'esperienza si può riscoprire il ruolo della sensazione, dell'intuizione, del sentimento; elementi che diventano del tutto secondari in un approccio cognitivo che nega il corpo e dà valore unicamente alla razionalità pensante, o addirittura computante.
Come ha precisato Giuseppe Longo:

Uno dei pregiudizi più radicati della nostra civiltà, che si può far risalire ai Greci ma che si è accentuato nell'età moderna, è quello secondo cui conoscere qualcosa o saper fare qualcosa equivarrebbe ad averne una teoria, cioè una descrizione analitica, rigorosa ed esauriente, magari squadernata sotto forma di regole o algoritmi. Questo pregiudizio è strettamente intrecciato con un altro, secondo il quale l'intelligenza che dimostra un teorema matematico sarebbe superiore a quella che ci fa distinguere il volto di un amico da quello di un nemico o che ci fa attraversare una strada piena di traffico. In realtà tutti noi ci comportiamo in modo intelligente nel mondo pur non avendone una teoria e l'intelligenza astratta della mente non potrebbe esistere se non ci fosse l'altra, robusta ed implicita, incarnata nella struttura e nelle funzioni del corpo e nella sua prontezza all'azione (1).
(1) G. Longo, Mente e tecnologia, 2004, p. 6. Qui trovi l'articolo completo.

2 commenti:

carpedine di mare ha detto...

qui riproponi l'argomento già trattato più volte e che oramai francamente è divenuto uggioso e datato. Ci sono alcuni passaggi abbastanza interessanti, ma non riescono a compensare le banalità presenti nel discorso. Consiglio la lettura di :"Che tu sia per me il coltello", romanzo d'amore filosofico. L'autore è Grossman. Soprattutto interessante il discorso a pag. 47.Interessante è la prefazione di Gianni de Bertoni. Cordiali saluti.

Paolo Pendenza ha detto...

L'interesse maggiore sta nel fatto che queste conclusioni provengono da una riflessione portata avanti all'interno di un ambito scientifico.
Questo non mi sembra sia banale.