mercoledì 31 gennaio 2007

Crisi della scienza / 4

Da una parte si trova, dunque, il contatto immediato, intuitivo con gli oggetti; dall'altra - soprattutto con Galileo - si sviluppa una modalità geometrica e matematica di relazione con il mondo naturale.

In questo senso, un contributo essenziale è dato dalla misura. Misurando le dimensioni degli oggetti, questi ultimi sono descritti tramite rapporti oggettivi che si cerca di rendere sempre più precisi ed esatti. L'esattezza, a sua volta, permette la costruzione di un mondo ideale di forme e di relazioni astratte, che si viene a sovrapporre al mondo fondato sull'intuizione e sull'esperienza.

Si afferma, così, il ruolo universale della matematica:

La matematica come regno della conoscenza autentica e obiettiva (e la tecnica sotto la sua guida), ciò costituiva per Galileo e anche per i suoi predecessori il punto focale dell'interesse proprio dell'uomo "moderno" per la conoscenza filosofica del mondo e per una prassi razionale.
Nello stesso tempo bisogna riconoscere che se per Galileo il ruolo fondamentale della matematica per la descrizione della natura era ormai scontato, non lo era ancora una descrizione della realtà fisica basata su elementi puramente astratti:
Ciò che noi esperiamo nelle cose stesse, nella vita pre-scientifica, i colori, i suoni, il calore, il peso, ciò che esperiamo causalmente, l'irradiazione calorica di un corpo che riscalda i corpi circostanti, e simili, è naturalmente costituito, da un punto di vista "fisicalistico", da vibrazioni sonore, da vibrazioni caloriche, cioè da puri eventi del mondo delle forme. Questa asserzione universale viene assunta oggi come un'ovvietà indiscutibile. Ma per Galileo, per il creatore di quella concezione che rese possibile la fisica, non poteva essere ovvio ciò che sarebbe diventato ovvio soltanto attraverso la sua opera. Ovvia per lui era soltanto la matematica pura e il modo usuale in cui veniva applicata (1).
La visione fisicalista del mondo, oggi considerata quella che maggiormente sembra cogliere la realtà delle cose, ha dunque una precisa origine culturale e storica.

(1) E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, EST 1997 (1958), pp. 67, 65.

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