lunedì 5 febbraio 2007

Crisi della scienza / 8

Cartesio cerca di fondare la filosofia su una conoscenza certa ed evidente. Per realizzare il suo programma egli utilizza ciò che, nel linguaggio di Husserl, è chiamata l'epoché: mettere "fra parentesi", dubitare su tutto in modo radicale, così da osservare se c'è qualcosa che, sopravvivendo a una critica così estrema, possa essere assolutamente certo.

Nel suo dubbio universale, Cartesio mette in discussione le nozioni più diffusamente acquisite, e sospende anche la presa di posizione sull'esistenza o non esistenza del mondo. Tuttavia, proprio nell'operare tramite un dubbio che si applica su ogni elemento su cui si posa la mente, emerge con nitidezza che l'io che sta operando non può allo stesso tempo essere negato, ma al contrario esso si afferma in modo indiscutibile in quanto essente: cogito ergo sum; penso, dubito, quindi esisto.

Questo nuovo punto partenza per una analisi filosofica che aspira alla certezza, rappresenta anche un nuovo punto di vista, in particolare, sulla validità dell'esistenza degli oggetti che sono trattati dalla scienza, e che vengono considerati come parte di una realtà oggettiva preesistente alla scienza stessa:

questa vita continua a procedere, ma ciò che in essa mi stava davanti agli occhi come "il" mondo, il mondo che era e valeva per me, è diventato per me un mero "fenomeno" in tutte le determinazioni che gli ineriscono. Tutte queste determinazioni, come il mondo stesso, si sono trasformate in "ideae" [...].
Io, l'io-operante dell'epoché, sono l'unico elemento che escluda assolutamente qualsiasi dubbio, qualsiasi possibilità di dubbio. Tutto ciò che si presenta altrimenti come apodittico, ad es. gli assiomi della matematica, lascia certo aperta la possibilità del dubbio, e quindi può essere pensato come falso -; la possibilità della falsità viene esclusa, ed è questo che giustifica la pretesa dell'apoditticità, soltanto se si riesce a una fondazione mediata ed assolutamente evidente che riconduca a quell'unica evidenza originaria assoluta a cui deve appunto risalire - se una filosofia deve diventare possibile - qualsiasi conoscenza scientifica (1).
Quindi la certezza che io sono, precede la certezza che gli oggetti, anche gli oggetti della scienza o della stessa matematica, effettivamente esistano di per sé.

(1) E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, EST 1997 (1958), p. 106.

Nessun commento: