giovedì 15 febbraio 2007

Elogio della ragione / 6

Le impressioni che abbiamo del mondo sono corrette? Esse ci permettono di conoscere una corrispondente verità sottostante, oppure sono erronee e vanno modificate poiché descrivono una realtà distorta dalla stessa osservazione?

Ecco un argomentazione a favore della prima posizione, che può essere individuata come realista:
- non possiamo sviluppare una qualsiasi critica se non a partire da una determinata concezione del mondo;
- nel momento in cui abbiamo una qualsiasi opinione sul rapporto fra realtà e soggetto conoscente, tale opinione non può non essere accettata come certa;
- anche l'idea di non avere un'opinione certa è un'opinione certa;
- anche se pensiamo che le impressioni che abbiamo del mondo non siano corrette, comunque consideriamo quest'ultima è un'impressione corretta.

Una volta abbandonata la condizione puramente animale e riflettuto sulle nostre impressioni, abbiamo di fronte due possibilità. Possiamo concludere che sono corrette, o per lo meno degne di essere conservate, oppure possiamo concludere che sono sotto alcuni aspetti erronee e devono essere modificate. Ma in entrambi i casi ciò potrà essere fatto solo a partire da una nuova concezione del mondo in cui siamo situati. In quanto inintelligibile, la scelta di riflettere sulla nostra precedente concezione del mondo da un punto di vista che non implichi una concezione del mondo ci è preclusa. La cornice esterna di qualunque modo di vedere noi stessi, per quanto sofisticato e autoconsapevole, deve consistere di pensieri non soggettivi, dati per certi. Non c'è altro a disposizione, se non una vuota insensatezza: e questa è sempre a disposizione (1).
A questo punto Nagel sostiene che nel momento in cui scopriamo un ordine nei fenomeni, l'idea che questo ordine "sia imposto dalle condizioni della nostra esperienza, o addirittura da un accordo, è del tutto implausibile": l'ordine inferito dalle nostre osservazioni è un "ordine reale".

Tuttavia, il fatto che ci sia sempre qualcosa di certo, non significa che tutte le impressioni che abbiamo del mondo siano corrette. Inoltre, perché non è plausibile pensare che l'osservazione contribuisca in qualche modo alla definizione di ciò che è osservato?

(1) Nagel T., L'ultima parola, Feltrinelli 1999 (1997), pp. 94-95.

Nessun commento: