mercoledì 21 febbraio 2007

Seguire le regole / 3

Di fronte ad una regola, generalmente abbiamo la convinzione che esista una giusta interpretazione che ci spiegherà come seguire la regola.
Ma esiste una giusta interpretazione? E soprattutto: in cosa consiste?

Quando ci troviamo davanti un cartello con una freccia rivolta in avanti pensiamo che ci indichi di proseguire. Supponiamo, però, che arrivi una persona che quando vede il cartello torna indietro, poiché egli è convinto che quel cartello indichi esattamente quel che sta facendo. Allora noi gli spieghiamo che il significato del cartello, in realtà, è quello di andare avanti. Ma l'altro sostiene che egli sta esattamente andando avanti; egli intende in questo modo l'andare avanti.
Potremmo cercare di spiegarci ulteriormente, ma rischieremmo ancora di non capirci, finché non decidessimo di mostrare con un azione al nostro interlocutore cosa significa per noi seguire le indicazioni del cartello.

Oppure pensiamo di chiedere ad un matematico di completare la seguente successione: 1, 2, 3, 4, ...
Il matematico, inaspettatamente, la completa con i numeri 5.48, 8.4, 14.2, ...
Noi non siamo d'accordo, sostenendo che la corretta continuazione è ovviamente 5, 6, 7, ..., ma il matematico afferma che il suo completamento è dato da una successione che deriva dal più semplice polinomio da cui si può derivare anche la prima parte della successione.
In breve, se P(x)=x4/50-x3/5+x27/10+12/25, allora si ha che P(1)=1, P(2)=2, P(3)=3, P(4)=4, P(5)=5.48, P(6)=8.4, P(7)=14.2, ...

Rimanendo nell'ambito dei significati non riusciamo a evidenziare qual'è la giusta interpretazione.

Il nostro paradosso era questo: una regola non può determinare alcun modo d'agire, poiché qualsiasi modo d'agire può essere messo d'accordo con la regola. La risposta è stata: Se può essere messo d'accordo con la regola potrà anche essere messo in contraddizione con essa. Qui non esistono, pertanto, né concordanza né contraddizione (1).
Ma cosa si è voluto dimostrare con questi discorsi? Che ogni regola può essere interpretata in modo arbitrario?
L'obiettivo, piuttosto, è quello di mostrare che c'è una distanza incolmabile fra interpretazione di una regola e modalità di azione.
Se, allora, siamo convinti che una regola deve essere seguita in un ben determinato modo, da dove deriva quel modo d'agire? Sicuramente non da un'interpretazione, ma da un addestramento.

(1) L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi 1983 (1953), § 201, p. 108.

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