martedì 5 dicembre 2006

Psiche e materia

Scrive Giuseppe Tratteur, che negli anni Trenta ancora non c'era la piena convinzione della fisicità del mondo mentale, e

la mente, la psiche erano concepite così come erano esperite: extracorporee, immateriali. Oggi iniziamo a concepirle in quanto vengono osservate dall'esterno e descritte in terza persona, e benché i progressi siano lentissimi e quindi aperti, tuttavia sono da escludersi interventi o interazioni della psiche con la materia. Non potendo eliminare lo psichico - ciò che peraltro alcuni autori, come Dennett, propongono -, dato che ognuno di noi sa incorreggibilmente di esserci, non si vede altra via per conciliare i due modi di conoscenza: in prima persona o soggettiva e in terza persona, scientifica o oggettiva (1).
Il problema è bene espresso: come conciliare l'ambito soggettivo con quello oggettivo?
Tuttavia, se si riduce la prima persona alla terza persona, non si perde proprio ciò che è maggiormente peculiare e caratteristico dell'ambito soggettivo?
E possiamo concludere così rapidamente che "sono da escludersi interventi o interazioni della psiche con la materia" se pensiamo a tutta la critica epistemologica al realismo che ha attraversato il XX secolo?

(1) G. Tratteur, Nota editoriale a W. Pauli, Psiche e natura, Adelphi 2006, p. 19.

1 commento:

Monica ha detto...

Secondo me prima di abbozzare una propria "risposta" ad una domanda così impegnativa bisognerebbe definire bene le ipotesi: cos'è la psiche? Cos'è la realtà? La mia idea di mente è un concetto romantico che riassume una vasta gamma di elementi. La psiche ci sarebbe se non esistesse la realtà? La realtà esisterebbe se noi non la concepissimo attraverso la nostra mente? Certo, la realtà esisteva prima della comparsa dell'uomo, ma senza l'uomo chi avrebbe mai saputo che esisteva realmente? L'uomo, però, è nato grazie a delle basi precedenti ad esso. Quindi penso che bisogna porre come punto di inizio la realtà in quanto interazione inanimata di elementi chimico/fisici. D'altro canto secondo me bisogna distinguere la realtà in quanto tale e la realtà che noi creiamo. La realtà in quanto tale risponde a leggi fisiche che abbondano di un elemento essenziale: il caso. La realtà che noi creiamo nasce dalla nostra psiche che reagisce a stimolazioni esterne e può agire secondo volontà. Essere e concepire l'esistenza sono cose differenti. Penso ad un pazzo, certo lui esiste ma sa di esistere? Lui esiste in quanto lo percepisce un'altra persona. Se l'altra persona fosse un pazzo forse nessuno dei due saprebbe di esistere. Ma il pazzo è una persona che ha problemi neurologici. E da cosa sono causati? Beh ci saranno varie risposte, ma alla base di tutto c'è il cervello o, meglio ancora, i geni codificanti per il tessuto nervoso. E qui voglio giungere alla mia idea: tessuto nervoso = differenziamento di cellule in risposta a segnali extracellulari. Cellule = geni attivati a trascrivere in seguito a segnali extracellulari. Cosa sono questi segnali extracellulari? Sono la nostra realtà fisica che risponde all'ambiente esterno. La differenza fra i nostri geni e quelli di un batterio? L'evoluzione dovuta al caso (RNA--DNA, delezioni, mutazioni, splicing alternativo, traspozione). Il caso è un concetto super partes o esiste grazie all'interazione di due "cose"? Il caso crea condizioni più favorevoli (mondo da RNA a DNA) o più sfavorevoli. In ogni caso la condizione più favorevole di una aspetto della realtà preesistente ci ha dato un sistema nervoso magnifico. Forse è il risultato di eventi casuali, o forse no, ma grazie ad esso, il nostro organismo ha risposto per secoli a modificazioni ambientali creando società, cultura, arte, economia. Linearmente a queste creazioni, il cervello si è fatto sempre più sofisticato grazie all'interazione con le altre persone (di qui mi viene da pensare a quando si dice: il confronto è una cosa importantissima). E forse da questo mio pensiero, nasce la psiche.