sabato 2 dicembre 2006

Scienza e oggettività

Seguendo Kant, si può considerare "oggettiva" una proposizione che può essere controllata intersoggettivamente; mentre il termine "soggettivo" si applica ai nostri sentimenti di convinzione.

Popper sostiene che le proposizioni scientifiche devono essere oggettive; non nel senso di essere completamente giustificabili e verificabili, ma nel senso, appunto, che possono essere sottoposte a controlli. Al contrario

un'esperienza soggettiva, o un sentimento di convinzione non può mai giusticare un'asserzione scientifica, e che all'interno della scienza tale sentimento non può avere parte alcuna, se non come oggetto di ricerca empirica (psicologica). Per quanto intenso sia, un sentimento di convinzione non può mai giustificare un'asserzione. Di conseguenza posso essere profondamente convinto della verità di un'asserzione, posso essere sicuro dell'evidenza delle mie percezioni; posso addirittura essere sommerso dall'intensità della mia esperienza: qualsiasi dubbio può sembrarmi assurdo. Ma può un'asserzione qualsiasi essere giustificata dal fatto che Karl R. Popper è profondamente convinto della sua verità? La risposta è "no"; e qualsiasi altra risposta sarebbe incompatibile con l'idea di oggettività scientifica. Neanche il fatto, per me così saldamente acquisito, che sto provando questo sentimento di convinzione, può comparire nel campo della scienza oggettiva se non sotto forma di ipotesi psicologia la quale, naturalmente, richiede un controllo intersoggettivo (1).
Ma come può lo stesso Karl R. Popper giustificare la propria convinzione rispetto a ciò che ha scritto? Come possiamo riconoscere un controllo intersoggettivo, se non comunque accettando il fatto di essere convinti di ciò che leggiamo o ascoltiamo da altri?
Alla base di ogni controllo intersoggettivo sembra esserci sempre un'accettazione personale a priori.
Se la scienza è un'attività umana, è possibile eliminare completamente da essa l'aspetto soggettivo?

(1) K.R. Popper, Logica della scoperta scientifica, Einaudi 1970 (1934), p. 29.

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